Diritto alla mobilitàQui si resta a piedi




E pensare che la libertà di circolazione è sancita per legge. Le norme sempre più vessatorie, invece, si fanno beffe sia della Costituzione sia della Carta dei Diritti dell’Ue

(rubrica a cura dell'Avv. Dionigi Bovolo, esperto di contrattualistica del trasporto)


Di fronte alle terribili notizie di gente che si uccide perché soffocata dalle difficoltà economiche, non me la sono sentita di scrivere il solito articolo tecnico come se nulla stesse accadendo. L’editoriale apparso sul numero di febbraio di questa rivista, poi, ha fatto il resto e anche io voglio dire la mia.

Vero che i tempi per l’emanazione delle leggi sono lunghi e che sull’opinione pubblica fa più presa una notizia sparata sui giornali che l’analisi di un iter parlamentare, ma che in mano, dopo tutto ciò, non ci resti niente mi trova solo parzialmente d’accordo. Una cosa, purtroppo, rimane: l’aumento delle imposte, delle accise sul carburante, delle tasse e dei balzelli che gravano sul mondo dell’automotive e che, quelli sì, ci lasciano a mani (e tasche) vuote.

Senza scomodare la libertà di circolazione, diritto sancito in Italia dalla Costituzione all’art. 16 e in Europa nella Carta dei Diritti dell’Unione europea, c’è da chiedersi come potrà essere realizzata la possibilità di spostarsi se poi mancheranno i danari per acquistare le auto e pagare il carburante per farle funzionare.

Dal mio punto di osservazione, noto che l’accanimento dello Stato contro i veicoli in genere si manifesta anche quando scattano le ‘ganasce’ fiscali di Equitalia contro l’auto di chi non riesce a fronteggiare il pagamento delle cartelle esattoriali. Il codice della strada, poi, prevede addirittura la confisca dell’auto, in presenza di determinate violazioni.

Viene da chiedersi se, dopo anni di incentivi alla motorizzazione di massa iniziati con il boom economico, non siamo giunti alla fine di un’epoca. Non voglio abbracciare tesi catastrofiste o peggio ancora millenaristiche, ma mi pare che il prodotto auto’ abbia da un lato perso parte di un’attrattiva fine a se stessa per diventare quello che è: un bene di consumo necessario per chi lo acquista e, dall’altro, uno strumento utile allo Stato per ‘fare cassa’.

I positivi dati sul noleggio a lungo termine, unica ancora di salvezza per le Case annichilite dal crollo delle immatricolazioni, sembrano voler indicare che oggi l’auto è intesa sempre meno come un oggetto da esibire per sottolineare uno status sociale; in buona sostanza, si preferisce noleggiare l’auto perché il semplice possesso di essa è ritenuto più che sufficiente.

Questa inversione di tendenza, favorita certamente anche dalla crisi economica, denota pure una cresciuta consapevolezza e maturità nei comportamenti sociali delle persone e ha il merito di contribuire non poco allo svecchiamento del parco circolante con ricadute benefiche sulla sicurezza dei veicoli, sul loro minor impatto ambientale e perfino sulle finanze statali che possono beneficiare di un maggior gettito Iva.

Se i cittadini ce la mettono tutta a ‘crescere’ quanto a saggezza, manca solo una cosa: che lo Stato la smetta di considerare l’auto alla stregua di una mucca... da mungere.