Car-pooling ante litteram Mi dai un passaggio?




Il viaggio condiviso da persone che hanno la stessa meta deve essere regolamentato per legge. Almeno per quello che riguarda la responsabilità del vettore

(rubrica a cura dell'Avv. Dionigi Bovolo, esperto di contrattualistica del trasporto)


Avete presente quei simpatici giramondo che a volte stazionano ai caselli autostradali con un cartello sul quale è indicata la destinazione verso la quale sono diretti? Altro non fanno che chiedere un passaggio in auto, come si è sempre fatto da quando esistono strade e mezzi di trasporto, vuoi per condividere un lungo viaggio - che un tempo poteva essere anche pericoloso, oppure per risparmiare o sentirsi meno soli.

Ora è più trendy chiamare il fenomeno car-pooling, ma il viaggiare con altre persone che hanno l’esigenza di raggiungere la stessa destinazione è sempre stato ben presente nella vita sociale dell’uomo... e del legislatore. Infatti, sebbene nel codice civile non sia espressamente prevista tale fattispecie di trasporto, la questione trova comunque rilevanza pratica dal punto di vista della responsabilità in caso di danni a persone o cose trasportate.

La figura giuridica che più si avvicina al car-pooling sembra essere il trasporto di cortesia che, anche se ha natura extracontrattuale ed è espressione di quei rapporti di amicizia, liberalità e cordialità propri di tutte le società umane, deve trovare regolazione normativa per quanto riguarda il regime della responsabilità del vettore.

In assenza di norme codicistiche, nel tempo la giurisprudenza ha mutato il suo indirizzo e solo recentemente si è pervenuti ad una soluzione condivisa dalla maggioranza degli interpreti. Inizialmente, si era ritenuto preferibile assoggettare il trasporto di cortesia al regime di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. che disciplina l’obbligo di risarcimento per fatto illecito, con conseguente onere della prova a carico del danneggiato, considerata l’assenza di vincoli giuridici, cioè contrattuali, del rapporto.

Successivamente, altra giurisprudenza che riteneva non sussistesse alcuna differenza tra il trasporto in parola e quello gratuito - che a differenza di quello di cortesia presuppone sempre un interesse, anche se non strettamente economico del vettore - lo considerò assoggettabile alla norma di cui all’art. 1681 c.c. che disciplina la generale responsabilità contrattuale del vettore nel trasporto di persone.

Infine, l’opinione ormai prevalente è che il trasporto di cortesia sia assoggettabile alle regole previste dall’art. 2054 c.c. che disciplina la responsabilità nella circolazione dei veicoli a motore privi di rotaia.

La questione è stata da ultimo stigmatizzata in Cass. 26.10.1998 n. 10629 che ha superato i precedenti orientamenti; la Corte ha ammesso la possibilità di assoggettare il trasporto di cortesia al regime di cui all’art. 2054 c.c., evidenziando che a prescindere dalla tipologia del trasporto, sia esso di cortesia o sottoposto a vincolo contrattuale, “il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.